La Storia di Jonathan Wilks

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Libertador
CAT_IMG Posted on 24/1/2012, 15:31     +1   -1




Ecco una breve storia con tema Fallout 3 che ho scritto per ammazzare la noia. Spero vi piaccia.

Erano passati ben 22 anni da quando aveva attivato il Purificatore sacrificandosi per compiere il desiderio del padre di un mondo in cui l’acqua pura fosse un bene di tutti e ora, Jonathan Wilks, era seduto su un bordo del letto della sua stanza a Megaton, assegnatagli dopo aver disinnescato la pericolosa bomba inesplosa proprio in quella città. Ora stava rimembrando con nostalgia i bei momenti passati mentre ascoltava il flebile ronzio dei propulsori di Wadsworth, ogni tanto il Robot gli poneva qualche domanda, ma lui non ci faceva caso e continuava a fantasticare. Ricordava quando aveva rappacificato l'animo tra Ghoul e umani nella torre Tempenny, lui non odiava i Ghoul, li riteneva solo sfortunati per il fatto di essere stati emarginati dalla società e visti come dei mostri, ma questo non giustificava quello che aveva fatto Roy Phillips, dopo aver visto i cadaveri dilaniati e smembrati nei sotterranei della torre, non aveva esitato ad ucciderlo. Pensava fosse stata la cosa giusta da fare, o almeno per lui. Il maggiordomo Robot gli pose una domanda, lui rispose un vago si senza neanche averla sentita, stava ancora ripensando alle sue avventure passate, ora non poteva altro che contarsi le rughe ed i capelli bianchi, era invecchiato ed era ormai inutile. Wadsworth gli portò una boccetta d'acqua pura, lui la afferrò e la bevve tutta di un sorso, poi si sdraiò. L'acqua purificata era un grande passo avanti nella ricolonizzazione e sopravvivenza nella Zona Contaminata, ma le carovane erano spesso attaccate da predatori senza morale nè leggi, oramai l'acqua valeva più dei Tappi. Alcuni abitanti di Megaton avevano ricolonizzato le rovine di SpringField ed altri invece si erano spinti sino al Super Duper Mart per trovare cibo e medicine. Lui non era più utile, era una reliquia del passato, pensò ancora a quando aveva esplorato le rovine di D.C, quando si era unito ai Giustizieri e, con loro, aveva ucciso gli Schiavisti di Paradise Falls e aveva dato un rifugio agli schiavi, quando aveva organizzato spedizioni per portare viveri all'Inferno nonostante le elevate minacce del Mall. Dov'era quell'uomo? Ora era solo un vecchio raggrinzito, non un eroe. Voleva essere utile, ma non sapeva come. Si alzò dal letto, aveva preso una decisione e non sarebbe più tornato indietro, frugò nel suo armadietto e afferrò il suo vecchio fucile d'assalto cinese, erano stati compagni di molte avventure e lo aveva chiamato Amanda, come il suo vecchio amore nel Vault 101 e che sapeva non avrebbe più rivisto. Indossò la sua Armatura da Battaglia da Mercenario di Reilly, dono di Reilly in persona dopo averla salvata dal tetto dello Statesman Hotel, e si avviò verso l'uscita. Le bamboline Vault-Tech lo osservavano dondolando leggermente la testa, aprì la porta uscì e la richiuse dietro di sè, poi si chino e lasciò la chiave sull’uscio, sapeva che non sarebbe più tornato. Scese, passò davanti all'enorme bomba inesplosa che caratterizzava Megaton e che, proprio lui, per ordine dell’ex sceriffo Lucas Simms, aveva disinnescato, superò i bramini e si diresse alle porte della città, sembrava che tutti lo stessero osservando incuriositi. Uscì e superò l'Agente Weld che farfugliava frasi di benvenuto a casaccio, si fermò un attimo a contemplare il panorama, vedeva il Mall con il Washington Monument, che si stagliava al di sopra di tutto, vedeva il Campidoglio, con la sua enorme cupola, poi si diresse ad est. Dopo aver camminato per molto tempo rimpiangendo i tempi passati, Jonathan sentì delle grida di donna e degli spari, egli accorse immediatamente. Vide un corpo a terra, poteva essere solo opera dei predatori, Jonathan odiava questa gente, li credeva incapaci di convivere con gli altri, credeva che i loro metodi portassero solo scompiglio e danneggiassero la poca civiltà rimasta nella Zona Contaminata. Si avvicinò, ma non cera nessuno, all'improvviso però dalla sommità di un'altura spuntò un uomo armato di fucile da caccia che gli sparò. La pallottola schizzò vicino alla sua testa e lo mancò per un soffio. Wilks si gettò al riparo di una roccia, sparò verso il predatore, ma lo mancò, i proiettili schizzarono contro le rocce. L'uomo con il fucile da caccia saltò giù dall'altura, mentre altri tre uomini avanzavano. La sua mira non era più quella di una volta ma non poteva mancarlo da quella distanza, Jonathan aprì di nuovo il fuoco verso il predatore armato di fucile e questa volta lo centrò e lo uccise. Un sorriso di compiacimento gli apparve sulle labbra a confermare che non era poi così arrugginito come gli sembrava. Un altro uomo armato di una pistola da 10 mm impartiva degli ordini verso altri due con fucile d'assalto e un martello da fabbro. Colse l'attimo di distrazione e sparò verso l'uomo con la pistola, l'uomo si accasciò preceduto da un fiotto di sangue. Cambiò posizione per non rischiare di essere aggirato e scivolò dietro un altra roccia. L'uomo con fucile d’ assalto si lanciò in una carica suicida sparando verso la sua posizione, stolto. Jonathan si alzò di scatto e lo falciò mandandolo a gambe all'aria, ne mancava uno. Wilks non riusciva più a vedere il quarto uomo, stava per abbassare la guardia quando si accorse in tempo che il quarto stava piombando su di lui, scartò di lato (i suoi riflessi però non erano più quelli di una volta) e il martello si infranse sulla roccia scheggiandola. Sparò istintivamente e colpì il predatore alle gambe. Colse l'attimo per colpire l'uomo con il calcio del fucile in pieno volto. Wilks e il predatore si guardarono a lungo, il predone non parlava, il suo sguardo era sofferente, gli uomini per sopravvivere facevano qualsiasi cosa, in fondo era colpa della guerra se l'umanità era in ginocchio. A Jonathan non piaceva uccidere ma ripensando all'omicidio di quella donna premette il grilletto. Il volto del predatore, già una maschera di sangue, si contorse e la sua testa si piegò di lato. Wilks si diresse verso la donna, o meglio, la ragazza, non aveva più di 19 anni. Era orribile di cosa gli uomini facessero per un po' di viveri, acqua e soldi. Si inginocchiò vicino al corpo della ragazza, era stato inutile, non era un eroe, era solo un vecchio ormai, con il peso degli anni sulle spalle. Sì, quelle che gli stavano scendendo sul volto erano lacrime. I posteri avrebbero parlato di lui come un eroe, avrebbero avuto una storia da raccontare attorno ai fuochi, le gesta di Jonathan Wilks. Ma lui non voleva essere cantato come un eroe, lui era un uomo come tutti, non era invincibile, non era infallibile. Non c'era più posto per lui nella Zona Contaminata. Scavò una fossa poco profonda e ci seppellì la ragazza, non voleva che il suo cadavere fosse dilaniato dagli Yao Guai o dai Cani, poi ornò la tomba con una rudimentale croce. Si voltò e si diresse verso est, lo aveva sempre affascinato l'est, mentre un nuovo giorno sorgeva sulla Zona Contaminata Della Capitale.
 
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